UNO NESSUNO E CENTOMILA by Luigi Pirandello

UNO NESSUNO E CENTOMILA by Luigi Pirandello

autore:Luigi Pirandello [Pirandello, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: cover, italiano, archivio italiano
ISBN: 9788854126213
Google: UWpVefMH78cC
pubblicato: 2011-03-31T10:14:43+00:00


VI. Il furto

Quello scaffale, appena fui solo, mi occupò subito, come un incubo. Proprio come viva per sé ne avvertii la presenza ingombrante, d'antico inviolato custode di tutti gli incartamenti di cui era gravido, cosí vecchio, pesante e tarlato.

Lo guardai, e subito mi guardai attorno, con gli occhi bassi.

La finestra; una vecchia seggiola impagliata; un tavolino ancora piú vecchio, nudo, nero e coperto di polvere; non c'era altro lí dentro.

E la luce filtrava squallida dai vetri cosí intonacati di ruggine e polverosi, che lasciavano trasparire appena le sbarre dell'inferriata e i primi tegoli sanguigni d'un tetto, su cui la finestra guardava i tegoli di quel tetto, il legno verniciato di quelle imposte di finestra, quei vetri per quanto sudici: immobile calma delle cose inanimate.

E pensai all'improvviso che le mani di mio padre s’erano levate cariche d'anelli lí dentro a prendere gl'incartamenti dai palchetti di quello scaffale; e le vidi, come di cera, bianche, grasse, con tutti quegli anelli e i peli rossi sul dorso delle dita; e vidi gli occhi di lui, come di vetro, azzurri e maliziosi, intenti a cercare in quei fascicoli.

Allora, con raccapriccio, a cancellare lo spettro di quelle mani, emerse ai miei occhi e si impose lí, solido, il volume del mio corpo vestito di nero; sentii il respiro affrettato di questo corpo entrato lí per rubare; e la vista delle mie mani che aprivano gli sportelli di quello scaffale mi diede un brivido alla schiena. Serrai i denti; mi scrollai; pensai con rabbia:

«Dove sarà, tra tanti incartamenti, quello che mi serve?»

E tanto per far subito qualche cosa, cominciai a tirar giú a bracciate i fascicoli e a buttarli sul tavolino. A un certo punto le braccia mi s’indolenzirono, e non seppi se dovessi piangerne o riderne. Non era uno scherzo quel rubare a me stesso?

Tornai a guardarmi intorno, perché improvvisamente non mi sentii piú, là dentro, sicuro di me. Stavo per compiere un atto. Ma ero io? Mi risalí l'idea che fossero entrati lí tutti gli estranei inseparabili da me, e che stéssi a commettere quel furto con mani non mie.

Me le guardai.

Sí: erano quelle che io mi conoscevo. Ma appartenevano forse soltanto a me?

Me le nascosi subito dietro la schiena; e poi, come se non bastasse, serrai gli occhi.

Mi sentii in quel bujo una volontà che si smarriva fuori d'ogni precisa consistenza; e n'ebbi un tale orrore, che fui per venir meno anche col corpo; protesi istintivamente una mano per sorreggermi al tavolino; sbarrai gli occhi:

«Ma sí! ma sí!» dissi. «Senza nessuna logica! senza nessuna logica! cosí!»

E mi diedi a cercare tra quelle carte.

Quanto cercai? Non so. So che quella rabbia di nuovo cedette a un certo punto, e che una piú disperata stanchezza mi vinse, ritrovandomi seduto sulla seggiola davanti a quel tavolino, tutto ormai ingombro di carte ammonticchiate, e con un'altra pila di carte io stesso qua sulle ginocchia, che mi schiacciava. Vi abbandonai la testa e desiderai desderai proprio di morire, se questa disperazione era entrata in me da non poter piú lasciare di condurre a fine quell'impresa inaudita.



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